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ASOT Festival: le Olimpiadi della Trance

Nonostante l’immensa stanchezza che mi travolge, inizio a scrivere questo articolo qui seduto sul volo di ritorno da Amsterdam Schiphol diretto a Milano Linate. Sono passate neanche 2 ore dalla fine dell’ASOT Festival tenutosi allo Jaarbeurs di Utrecht, tempio della Trance da anni, in celebrazione dei 700 episodi del radioshow settimanale ‘A State of Trance‘ fondato e condotto da Armin van Buuren che ogni giovedì raggiunge 20 milioni di ascoltatori in tutto il mondo, e come ogni anno sono mosso da un misto di emozioni, da un lato malinconiche per la consapevolezza di non poter godere di queste notti più spesso durante l’anno e dall’altro di grande estasi per aver assistito davvero a qualcosa di unico. 30 dj distribuiti in 4 sale (2 Mainstage) per saziare la fame di musica di 30’000 persone di ogni nazionalità e fascia d’età, senza contare le oltre 450’000 collegate in diretta streaming da YouTube. Definire i palchi e gli impianti imponenti sarebbe riduttivo, la produzione ha sempre assunto sin dagli albori di questo genere musicale un ruolo di primo piano: di certo nulla si è risparmiato neanche per luci, ledwall e laser.

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Ma veniamo ora alla musica suonata e ascoltata in ordine cronologico:

Mark Sherry: è colui a cui spetta il difficile compito di aprire la Who’s Afraid Of 138?!, in cui si trovano i fan più esigenti legati fortemente alle radici della Trance, ma lui sforna un set che riporta tutti alla vera essenza di questo genere. Bandiera, voto 8,5.

Mark Sixma: Suona per secondo dopo Ruben De Ronde quando la sala è tutt’altro che affollata, complici anche le dimensioni smisurate del Mainstage 2, ma regala un set ben bilanciato tra i suoi vecchi lavori, recenti successi e anche qualche nuovo inedito, uno dei quali presentato a sorpresa qualche ora dopo al Mainstage 1 durante il set di Armin van Buuren. Verso la fine del suo set la sala risulta decisamente più piena. Umile, voto 7.

Cosmic Gate: Ogni volta che si arriva a leggere il nome dei Cosmic Gate nella line-up dell’ASOT si pensa che sarà il solito identico set che da anni si ripete con Crushed, Be Your Sound, Fire Wire ed Exploration Of Space. Invece smentiscono tutti e regalano un set fitto di nuove tracce prese dall’ultimo album ‘Start To Feel’ e recenti lavori quali il remix di Long Way Home, il singolo di Nic Chagall ‘This Time’ e il club mix di ‘Going Home’ feat. Emma Hewitt. Arrivati a pochi minuti dal termine del loro set, tutti si chiedono se suoneranno Exploration Of Space: il piatto è servito e il Mainstage 1 esplode. Sorprendenti, voto 8.

Armin van Buuren: Non vorrei stare qui ad elogiarlo solo ed unicamente perchè si chiama Armin van Buuren e perchè ogni anno è l’artista più atteso ed acclamato, ma non posso farne a meno. Sebbene si dovrebbe fare un’analisi differente per i due set (tre se contiamo anche il warm-up) suonati nei due Mainstage, come dire…cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Per tutti quelli che pensavano che il set al Mainstage 1 sarebbe stato un set Trance ‘commerciale’ sullo stile Ultra, EDC o Tomorrowland si sono dovuti ricredere: su un’ora e quindici minuti di set, Armin per un buon 60 minuti ha suonato ad elevate frequenze inserendo lavori nuovi e recenti tra cui ‘Safe Inside You’ sotto il suo alias di Rising Star e chiudendo con il classico dei classici: Cygnus X – Superstring (Rank 1 remix). Al Mainstage 2 la storia cambia e sulle note di ‘Gaia – In Principio’ annuncia al microfono “Are you ready for some serious uplifting?!“, da li accade l’inaspettato (ma neanche troppo per quelli che conoscono bene Armin), un set incredibilmente straordinario e rieducativo che ridona dignità e quell’impronta alla Trance che forse in molti avevano dimenticato. Si passa da Universal Religion a Stresstest, da Pure Thrust a Serenity. Il vero Armin van Buuren è quello che suona all’ASOT in Olanda. Garanzia e Responsabilità, voto 10.

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Andrew Rayel: Ormai è evidente a tutti che sia il ‘figlio protetto’ di casa Armada e che sia uno dei principali candidati ad ereditare lo scettro di Armin, ma la strada è ancora molto lunga e tutta in salita. Forse una delle più grandi noti stonate di questa edizione. Oltre ad un paio di tracce del suo marchio di fabbrica che mi hanno fatto appassionare al suo suono tipico, il resto del set pare un prodotto confezionato per accontentare gli avidi di contaminazioni EDM. Voglio sperare che questo non sia l’Andrew Rayel del futuro, ma al contrario quello di Musa, Aeon Of Revenge e Zeus. Sottotono, voto 5.

Gareth Emery: Ci tengo particolarmente a parlare di questo set proprio perchè credo che il lavoro negli ultimi anni di Gareth intorno all’album ‘Drive’ vada valorizzato nonostante si sia allontanato dal suono propriamente Trance che l’aveva portato ad essere conosciuto in tutto il panorama. Penso che un artista non si debba considerare solo per la collocazione del genere verso il quale è orientato, ma per la qualità di quello che crea ed offre al proprio pubblico. Questo è il motivo per cui dico SI a Gareth Emery e NO a Tiësto. Un set eterogeneo che spesso e volentieri ha toccato sonorità house, ma che non ha deluso chi era li presente per ascoltare le hit del dj-producer di Manchester: Exposure, U, Concrete Angel e magica chiusura con Long Way Home. Coraggioso, voto 8.

Aly & Fila: Senza dubbio tra i tre set più belli della serata. Non solo cassa dritta, ma tanto sentimento. Un viaggio ad alta velocità colmo di emozioni con una coreografia laser esagerata a fare da cornice. Tutto da vivere. Durante il set presentano anche il nuovo singolo di Photographer feat. Susana – Find A Way. Diversamente Romantico, voto 8,5.

Simon Patterson: quando apre il suo set sono quasi le 6 di mattina, ma rappresenta l’unica fonte di soddisfazione per gli amanti della Psy Trance al Mainstage 1. Non si risparmia neanche per sbaglio, della serie “sono l’ultimo e faccio quello che voglio adesso”: un martello pneumatico (ma lasciando spazio anche a qualche parte melodica) per esaurire le forze nella gambe degli ultimi sopravvissuti a questa notte magica. Superlativo, voto 8.

L’elemento che ogni anno mi soprende e mi fa appassionare sempre di più a questo movimento è il senso di unione e la non superficialità che lo caratterizza e delle persone che lo seguono e che allo stesso tempo ne fanno parte. Un numero infinito di persone con culture e storie diverse alle spalle che viaggiano nella stessa direzione e che condividono la stessa grande passione: Together in A State of Trance. Ci vediamo l’anno prossimo!

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