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Benjamin Booker, Rocker Dalle Mille Anime

“Il ringhio di Booker suona come se gli Strokes fossero stati allattati al chiaro di luna in un Juke Joint”. La suggestiva metafora di Rolling Stones è per Benjamin Booker, cantautore originario della Virginia e cresciuto a New Orleans, una delle più grandi rivelazioni del 2014.

I Juke Joint erano dei locali diffusi nel sud-est degli Stati Uniti con musica, ballo e gioco d’azzardo, nato come luogo di socializzazione per gli afro-americani durante la schiavitù. Al suo debutto col grande pubblico al Letterman show, Booker si presenta come un giovane bluesman del sud, camicia di tela e jeans, nessuno ancora immaginava che cosa avrebbe sentito poco più tardi. Quando parte il riff iniziale in stile blues elettrico di “Violent Shiver”, il pubblico da li in poi viene rapito dalla sua voce graffiante e dai tempi frenetici del suo rock. Lo stesso Letterman alla fine dell’esibizione esclama «Oh my God!».

Questo è Benjamin Booker, poco spazio ai fronzoli, voce potente e una riuscita unione tra attitudine blues e ritmo incalzante da punk rocker. Le sue influenze vanno dal blues di Robert Johnson, al punk californiano dei Gun Club, passando dal glam di Marc Bolan e i T.Rex. Dichiara anche di avere acquistato come primo disco Elephant degli White Stripes. Ora gira gli Stati Uniti e il Nord Europa col suo idolo Jack White, di cui si sentono le influenze musicali.

Sempre quest’anno debutta con un album che porta il suo nome. Anche la copertina sembra richiamare il dualismo musicale di Booker, un collage di una vecchia foto di un bimbo afro-americano che piange, e uno scheletro dall’estetica punk.

Nell’album Booker è accompagnato da basso (Alex Spoto) e batteria (Max Norton). Traccia iniziale la già citata “Violent Shiver”, gran biglietto da visita. Il disco è capace di scariche di adrenalina punk come “Wicked Waters” e di ballate blues come la malinconica “I Tought I Heard You Screaming”, dedicata ad una ex fidanzata. Il brano probabilmente più elaborato per testi e musica è “Have You Seen My Son”, la canzone che forse meglio sposa le tante anime di Booker, cantautore intimista, ma anche chitarrista dal ritmo martellante. La coda musicale poi sembra un omaggio al blues/rock anni Settanta, con più di due minuti di caos puro, condito da chitarra distorta e batteria.

Insomma un’ottima prima uscita discografica per un musicista che, coniugando al meglio influenze che possono sembrare incompatibili, ci ricorda che qualcosa ancora si muove nel rock.

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